Sei cattivo e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai”. Così cantava nel 1967 il francese Antoine, all’anagrafe Pierre Antoine Muraccioli, un ritornello simpatico e ritmato che ben descrive una realtà cui è impossibile sfuggire, neanche se si è una multinazionale. A conferma, la puntata del 14 giugno di Dataroom, rubrica giornalistica proposta sia dal “Corriere della Sera” sia dalla rete televisiva “La 7” e condotta da Milena Gabanelli, da sempre fustigatrice del multinazionalismo capitalista e famosa per le sue sparate para-scientifiche non sempre suffragate da documenti o dati oggettivi. Nel caso specifico la Nostra se l’è presa con le MultiNazionali che producono gli antibiotici, ree, a suo dire, di aver sospeso da dieci anni le ricerche di settore, cioè lo sviluppo di nuove molecole battericide, causa gli scarsi ritorni economici indotti dagli antibiotici. Il tutto tirando la volata ai discorsi ambientalistici di stampo antibiotico-resistenti decisamente poco allineati con le accuse di cui sopra. Vero comunque, per produrre gli antibiotici si deve spendere molto in ricerca e si guadagna poi poco, ma la Signora non dice che ciò avviene causa il rifiuto politico a estendere di cinque anni le coperture brevettuali standard delle nuove sostanze attive, atto chiesto dalle MultiNazionali a difesa delle proprie invenzioni dai produttori dei farmaci generici, quelli che possono sbragare sui prezzi non avendo dovuto sostenere costi di ricerca. Se la politica, invece di respingere con sdegno le richieste delle MultiNazionali avesse compreso quanto giustificate fossero, non ci si ritroverebbe nella situazione attuale. Polemica corretta quindi, ma spedita a un indirizzo sbagliato. Discorso analogo circa l’uso degli antibiotici negli allevamenti.
I dati di produzione avanzati sono quelli ufficiali, ma chi conosce le dinamiche del settore sa che i volumi non si legano tanto a usi in loco quanto all’export, ambito quest’ultimo che vede l’Italia primeggiare in Europa. Fa suo infatti un terzo del mercato nel Vecchio Continente, ma restando vicina alle medie europee per consumo pro-capite. Una mezza verità dunque quella della Signora, tesa peraltro a connotare con un’immagine negativa gli antibiotici trasmettendo l’idea che siano loro, in particolare quelli usati negli allevamenti intensivi, a creare batteri resistenti anche nell’uomo. Peccato che l’uso di antibiotici sia sì da tempo in crescita, ma sugli animali domestici, superando ormai quello sugli animali da reddito, calato questo di un terzo negli ultimi otto anni. Altra cosa su cui la Signora tace, esattamente come sul fatto che peggio di avere le resistenze agli antibiotici c’è solo il non averli affatto. Se nel 1300 e nel 1600 ci fossero stati, non sarebbero morti di peste alcune decine di milioni di europei e da quando Alexander Fleming scoprì la penicillina nel 1928 morire di sepsi è divenuto molto difficile. A differenza della Gabanelli però la Natura è davvero democratica e se da un lato ha creato funghi come il Penicillium che uccidono i batteri, i loro competitor, dall’altro ha anche dotato i batteri di geni atti a renderli resistenti agli stessi funghi. Una guerra biologica che dura da milioni di anni e che non vede l’Uomo quale creatore dei geni della resistenza, ma solo quale selezionatore, tale per vari motivi fra i quali anche un uso non sempre prudente degli antibiotici. I cui residui nelle carni, peraltro, sono talmente bassi da risultare ininfluenti sulla selezione stessa, a dispetto di chi tira addosso le succitate pietre a loro e agli allevamenti intensivi.