Rustici, affidabili e con un cambio a cinque marce: trattori d’epoca Gualdi “25” e “30”

Correva l’ anno 1951 e l’Italia cominciava a riprendersi dai danni della guerra riconquistando quella dignità per qualche tempo perduta. Nel mese di febbraio il Paese fu in effetti riammesso nel Consiglio delle Nazioni Unite, anche se senza ancora il diritto di voto che fu però riconosciuto alla fine dello stesso anno. Venne inoltre approvata la Legge sul riarmo e a livello europeo iniziarono ad avviarsi nuovi accordi commerciali, primo fra tutti l’istituzione della “Ceca”, “Comitato Europeo del Carbone e dell’Acciaio”, che pose le basi per l’attuale Europa Unita.

L’Italia liberalizzò gli scambi commerciali con tutti i Paesi europei riducendo i dazi doganali ed eliminando i contingenti e ciò permise di aumentare importazioni ed esportazioni. Erano le premesse del “miracolo economico” del 1955 che durò fino al 1963 beneficiando soprattutto le grandi industrie, ivi comprese quelle che si occupavano di meccanizzazione agricola, molto meno le medie e piccole aziende e quasi per niente le organizzazioni agricole.

La ditta emiliana Gualdi e il primo trattore

Queste ultime erano ancora poco meccanizzate – il parco macchine del 1951 superava di poco le 66 mila unità – e frazionate in migliaia di piccole unità incapaci di reggere il confronto con quelle Europee. C’era bisogno di meccanizzare e di accorpare e alla prima necessità risposero sia le grandi Case sia tanti piccoli e medi costruttori, spesso poco più che artigiani. Uno di questi era la ditta emiliana Gualdi che proprio nel 1951 presentò il suo primo trattore, mezzo che non nasceva da un azzardo imprenditoriale ma aveva alle spalle una consolidata esperienza nel settore della meccanica agricola.

Rara pubblicità Gualdi che evidenziava i due sistemi di avviamento e doti di economia e sicurezza del trattore

La famiglia Gualdi si insediò in effetti nella “Bassa” modenese, a Motta di Cavezzo, nel 1914 e subito si mise in luce in ambito agricolo grazie alla capacità di Arturo e Marco Gualdi, rispettivamente di 19 e 24 anni, quali conduttori di macchine a vapore utilizzate per la trebbiatura del grano. Abili macchinisti trovarono facilmente lavoro grazie anche al buon numero di macchine operative in zona anche se la vita non era facile e le attività garantite solo nei mesi estivi. D’obbligo quindi inventarsi altre attività per i periodi di morta, operazione che i Gualdi decisero di portare avanti costruirono un motore testacalda monocilindrico orizzontale da sei cavalli da proporre ai numerosi caseifici della zona per far funzionare le scrematrici e le zangole per il burro.

Il successo dei trattori Gualdi

Il motore andò bene, la domanda decollò e nel giro di pochi anni i Gualdi costruirono alcune centinaia di unità cessando di fare la parte dei macchinisti. Si avventurarono anche nella produzione di macchine enologiche come torchi e pigiatrici, ma le cose non andarono per il verso giusto a causa delle gelate invernali che decimarono i vigneti della zona. Agli inizi degli Anni 30 concepirono il loro primo motore diesel o, meglio, semidiesel, un monocilindrico verticale a precamera e a due tempi con accensione a mano con sigaretta.



Erogava 10 cavalli, funzionava bene ed ebbe il meritato successo permettendo alla produzione di allargarsi ad altri propulsori simili con potenze da quattro e 12 cavalli e di guardare anche verso l’estero dove però i clienti chiedevano propulsori a quattro tempi. Il primo di questi venne realizzato nel 1938, un monocilindrico verticale da 16 cavalli sempre con accensione a sigaretta e successivamente ne fu creata anche una versione da 14 cavalli e poi arrivarono i bicilindrici da 28-32 e 35-40 cavalli.

Il successo portò a trasformare l’officina in una piccola industria attrezzata con le macchine più moderne e a incrementare il numero di operai sino all’avvento della Seconda Guerra Mondiale, quando la produzione diminuì sensibilmente. Durante il Conflitto venne comunque messo a punto un motore a scoppio a petrolio con avviamento a benzina da 5 cavalli chiamato “Dardo” e destinato agli impianti di per i trattamenti antiparassitari e alle piccole motopompe per irrigazione e poco dopo nacque un altro motore destinato ai natanti, un quattro cilindri a quattro tempi da 80 cavalli con avviamento ad aria compressa. Proprio in quel periodo però l’ energia elettrica cominciò ad arrivare senza interruzioni dovunque e i motori elettrici divennero più competitivi di quelli a combustione interna.

Per i Gualdi fu giocoforza pensare ad altre produzioni che individuarono nei trattori concretizzando poi l’idea nel 1950 con un prototipo che venne messo in vendita dall’anno successivo. Si chiamava “25” per via della potenza del motore, era spinto da un semidiesel monocilindrico orizzontale a due tempi da cinque litri raffreddato ad acqua e avviato manualmente a sigaretta. Il trattore iniziò a lavorare nel mese di giugno del 1951 e in quell’anno ne vennero consegnati 25 esemplari. Era un buon trattore, ma penalizzato da un rapporto peso/potenza, 88 chili per cavallo, che non tutti i clienti apprezzarono. Da qui l’incremento di potenza a 30 cavalli e una cura dimagrante che abbassò la massa da due mila e 200 chi a due mila. Così allestito il “30” fu prodotto e venduto in quasi 600 unità dal 1952 al 1958, l’anno prima che la Gualdi si sciogliesse causa l’arrivo sul mercato di trattori della concorrenza venduti a prezzi inferiori e problemi di riscossione nei confronti dello Stato.

L’accensione a sigaretta

I motori “semidiesel” avevano un rapporto di compressione medio-basso al fine di rendere possibile la messa in moto a manovella. Non era basso come quello dei testacalda, ma comunque era inferiore a quello dei diesel veri e propri. Per questo motivo, per innescare la combustione, si doveva ricorrere alle sigarette, alle micce o alle cartucce. Nel caso specifico per avviare il motore del Gualdi “25” era necessario aprire la valvola di decompressione per “liberare” il motore, inserire una sigaretta di materiale infiammabile in un apposito attrezzo che veniva avvitato a sinistra della testata, fissare una manovella nel centro del volano e agire su quest’ultima con forza facendo attenzione al violento contraccolpo che si generava non appena il motore si avviava.

Per questo motivo molti utenti dell’ epoca preferivano i meno scorbutici testacalda e gli ancor più comodi avviamenti elettrici. Per ovviare al problema i Gualdi utilizzarono anche gli avviamenti a cartuccia, basati sulla presenza di un detonatore affacciato in camera di combustione. Si portava il motore al punto morto superiore, si dava una martellata alla cartuccia e questa, esplodendo, avviava il motore.

Rustici, ma affidabili

I Gualdi erano buoni trattori mossi da buoni motori. Consumavano poco, due chili e mezzo di nafta all’ora e un litro di olio ogni 12 ore, e disponevano di un cambio a cinque marce sincronizzate e gestibili a leva, un lusso per l’epoca. A richiesta si poteva disporre di una rapportatura diversa da quella standard per i lavori leggeri o una terza per le attività da svolgere velocemente. I freni erano a tamburo e agenti sulle ruote posteriori, di serie era prevista la puleggia laterale e in optional era la presa di forza posteriore. Disponibile anche l’impianto di illuminazione alimentato da una dinamo attivata dal volano di sinistra. La pubblicità Gualdi dell’epoca enfatizzava l’assenza della batteria e del motorino di avviamento, atteggiamento parzialmente condivisibile in quanto allora i caricabatterie quasi non esistevano e gli accumulatori erano di scarsa qualità e durata.

I trattori Gualdi valgono anche sei mila euro

Parecchi esemplari dei Gualdi hanno continuato a lavorare per decenni dopo la fine della produzione e si siano conservati fino ai giorni nostri. Conservati o restaurati fano la loro figura nelle esposizioni e, grazie al cambio sincronizzato, se la cavano bene anche nelle sfilate ì. Unico neo l’accensione a sigaretta. Occorre essere esperti e accorti sia per metterlo in moto sia per non prendere botte per via del possibile contraccolpo della manovella. I pochi esemplari disponibili, spesso riverniciati con colori fantasiosi, se dotati di documenti e in buono stato possono spuntare una valutazione attorno ai seimila euro.

EPOCA, Leggi anche: Breve storia del “990 ImpleMatic”, trattore d’epoca creato da David Brown

Titolo: Rustici, affidabili e con un cambio a cinque marce: trattori d’epoca Gualdi “25” e “30”

Autore: William Dozza

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