Greenpeace e altre ong ambientaliste vanno all’attacco di glifosate in vista del giudizio finale della Ue sul suo possibile rinnovo. Le argomentazioni sono sempre le solite, allarmiste nei toni, vuote nei contenuti.
Le ong pseudo-ecologiste vivono di donazioni e queste si moltiplicano grazie a due leve ben precise, ovvero l’allarmismo e la visibilità mediatica che da questo deriva. Poco importa se ciò che denunciano non corrisponda al vero, come quando affermano che le api stanno scomparendo quando secondo la Fao è vero l’esatto contrario. Né si fanno scrupolo di puntare il dito contro i mega allevamenti suinicoli cinesi per attaccare la zootecnia intensiva nazionale, quella che nel volgere di trent’anni ha investito con successo in benessere animale, riducendo al contempo di quasi il 40 per cento le emissioni ruminali di metano.
Del resto, il mondo Green non si è fatto nemmeno scrupolo di utilizzare fotografie di una raffineria in fiamme al posto di quelle molto meno impattanti della centrale nucleare di Fukushima. Strategia becera ma efficace, visto che a causa di tali crociate la Germania ha spento le ultime centrali nucleari che ancora funzionavano, riuscendo nel disastroso risultato di far lievitare le emissioni nazionali per chilowattora prodotto. E l’elenco delle malefatte potrebbe allungarsi molto, soprattutto in tema di agricoltura e di zootecnia.
Ambientalisti contro il glifosate (e la scienza)
In tal senso, la più accesa battaglia delle ong ecologiste, Greenpeace in testa, è oggi contro glifosate, il cui rinnovo europeo dovrà essere deciso entro la fine del 2023. Gli argomenti sono sempre i soliti, già smontati da anni. Per esempio, insistono nel citare esclusivamente la controversa monografia con cui Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha bollato l’erbicida come “probabile cancerogeno”. Peccato non vi sia Autorità mondiale di regolamentazione che non abbia smentito tale classificazione, poiché il rischio oncologico derivante da glifosate è di fatto pressoché nullo.
Su queste, ovviamente, cala un silenzio pressoché totale. Efsa, Echa, Epa e tutte le altre Autorità che hanno promosso più volte glifosate vengono infatti citate solo per sottolineare come le suddette non abbiano tenuto in considerazione le solite ricerche cosiddette “indipendenti”, cioè quelle che avrebbero invece dimostrato misfatti apocalittici generati negli anni dall’erbicida.
Sugli ipotetici danni a Uomo, rane, pesci, api, lombrichi e perfino cozze esistono infatti molteplici pubblicazioni. Peccato che la quasi totalità di tali ricerche abbia senso dallo scarso al nullo a causa di impostazioni metodologiche fallaci o comunque insoddisfacenti. Le dosi reali rinvenute nell’ambiente o come residui nel cibo sono infatti dalle centinaia ai milioni di volte inferiori a quelle che potrebbero destare una qualche preoccupazione. Motivo per il quale le Autorità si sono ben guardate dall’adottare tali ricerche nel proprio iter valutativo. Non una parola viene invece spesa dagli ecologisti sull’insabbiamento operato da Aaron Blair, coordinatore scientifico di Iarc su glifosate, il quale omise deliberatamente una ricerca epidemiologica che decretava la non cancerogenicità di glifosate.
Né viene fatta menzione di Christopher Portier, Presidente del gruppo Iarc che giudicò glifosate, salvo scoprirlo poi a libro paga degli studi legali che avevano già pronte le class action contro Monsanto. Perché gli ambientalisti sono fatti così, manipolano, deformano oppure omettono in funzione degli scopi che si sono prefissati.
Attesa per la decisione in Ue
Resta solo un’unica speranza, ovvero che l’Europa non si faccia influenzare da siffatti cacciatori di quattrini e che dia retta solo ai giudizi scientifici della propria stessa Autorità per la sicurezza alimentare, ovvero l’Efsa. Di danni al Vecchio Continente gli ecologisti ne hanno già fatti anche troppi e l’ora è quindi giunta di fermarli.
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Titolo: Sul glifosate si ascolti la scienza
Autore: Donatello Sandroni