“Report”, trasmissione di Rai3, dedica due puntate alla produzione di Grana, Parmigiano e mozzarella di bufala, alimentando dubbi e sospetti tramite i soliti taglia e cuci delle interviste concesse.
Di norma, con “precisione sartoriale” si intende un lavoro svolto con alta professionalità e per ottenere un prodotto finale di massima qualità. In tal senso “Report”, trasmissione di Rai3 condotta oggi da Sigfrido Ranucci, si conferma maestra. Solo che il risultato dei taglia e cuci di redazione ben poco ha a che fare con la qualità dell’informazione. Gioca invece a favore dei meri obiettivi di share. Di fatto uno spettacolo d’intrattenimento mascherato da grande trasmissione d’inchiesta.
Dopo aver trattato in modo sensazionalistico di Prosecco, pasta al glifosate e perfino di pizza e caffè, generando sconcerto in chiunque abbia una minima infarinatura di tali argomenti, le ultime gesta dei Nostri hanno colpito il Mondo dei formaggi. Due puntate incentrate, la prima, su quelli a pasta dura come Grana, Parmigiano e similari, la seconda sulla mozzarella di bufala Dop. Di fatto in nessuna delle due puntate emergono illeciti. Le cose però vengono presentate in modo che nei telespettatori nasca il sospetto che ve ne siano.
Un intero settore sotto accusa
Sia chiaro, non è mica che l’agroalimentare nostrano sia avulso da furbastri. In tal senso il Mondo-vino insegna, con le truffe operate da vari produttori e cooperative che promettevano tipicità salvo poi acquistare sul mercato uve o vini che nulla c’entravano con quanto dichiarato sulle bottiglie. Brucia ancora, del resto, anche il pasticciaccio brutto dei prosciutti crudi realizzati con cosce di maiali che derivavano da incroci con razze. Pratiche non ammesse dai disciplinari. Difficile quindi pensare non sia mai esistito uno spregiudicato produttore di formaggi che abbia fatto magheggi per vendere a prezzi da Dop dei prodotti di fatto generici.
Ciò che non può però essere tollerato è che venga sommerso di fango un intero settore. Peraltro fiore all’occhiello dell’agroalimentare italiano, alimentando dubbi e sospetti generalizzati che poi di fatto si rivelano la classica montagna che partorisce il topolino. Per esempio, la famiglia Brazzale, oggi produttori in Repubblica ceca del Gran Moravia, formaggio analogo al Grana, non ha mai usato latte straniero quando operava in Italia quale membro del Consorzio del Grana Padano, come invece asserito da Report rimediando l’obbligo di una doverosa rettifica.
Né vi sono violazioni di Legge se lo stabilimento processa in modo separato delle partite di latte diverse, al fine di realizzare prodotti a marchio oppure generici, dedicati questi a mercati meno danarosi ma dai volumi sicuramente maggiori. Quelli delle famiglie a reddito medio-basso che una grattugiata di formaggio sulla pasta la gradiscono senza però veder affossati i bilanci domestici.
Mozzarelle di bufala e falsi problemi
Analoga situazione, quella della doppia catena produttiva, è stata poi trattata da Report anche riguardo le mozzarelle di bufala Dop. Verso le quali è stato adottato un cliché simile a quello descritto. A conferma, Rosamaria Aquino, inviata della “grande redazione di Report, si chiede chi abbia controllato quel latte e chi sia entrato nei frigoriferi a vedere cosa ci fosse dentro. Un approccio allusivo e dubitativo che somiglia a quello dei no-vax che si sottraggono alla campagna vaccinale perché non sanno cosa ci sia dentro le fiale, magari dimenticando, come Rosamaria Aquino, che prima di pretendere spiegazioni bisognerebbe essere anche certi di poterle comprendere.
Per fortuna, a garanzia della correttezza del settore basta che siano adeguati i controlli degli Enti preposti e la tracciabilità dei processi. Va da sé che meglio sarebbe se i controllati non pagassero i controllori, come di fatto avviene. Ma questo è uno scenario che da decenni grava anche sul biologico. Senza che verso tale lobby venga usato il trattamento forcaiolo riservato ad altre realtà produttive. Certamente, in ossequio alla cultura del sospetto, può fare storcere in naso la convivenza negli stessi stabilimenti di due processi produttivi quasi identici, sebbene diversi per materie prime e prodotto finale.
Illeciti non dimostrati
Però i casi son due. O si dimostra un vero illecito, cioè la vendita di un prodotto per l’altro, oppure si stanno solo alimentando dubbi basati sul nulla. Dubbi atti unicamente a saziare un pubblico affetto da pericolose inclinazioni manettare. Semmai, i consumatori si dovrebbero forse interrogare sui perché esistano formaggi prossimi a quelli a marchio quanto a soddisfazione del palato, ma con prezzi spesso inferiori. Perché non è mica detto che il Gran Moravia fatto in Repubblica ceca sia meno buono del Grana Padano fatto il Lombardia.
Con il proprio giornalismo a tema accade che Report stia solo dimostrando quello che Macchine Trattori sostiene da sempre. Ovvero che la narrativa del chilometro zero, del tipico e del prodotto esclusivo, pompata da Slow Food, Coldiretti, biologici e perché no, anche da Oscar Farinetti, patron di Eataly e Fico, sia solo narrativa. Uno storytelling di marketing che corre pericolosamente lungo il confine con l’ingannevole, gonfiando le tasche di pochi a scapito delle produzioni a buon mercato realizzate a favore di molti. Un cortocircuito logico cui forse sarebbe meglio che certe trasmissioni iniziassero a considerare più attentamente.
Report: i soliti “taglia e cuci”
Autore: Donatello Sandroni