È nata il 27 maggio la “Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani”, sindacato che mira a rappresentare circa 18 mila tra imprese di contoterzisti e aziende agricole distribuite sul territorio nazionale. Diretta evoluzione del “Coordinamento degli Agromeccanici Italiani” nato nel 2013 con l’obiettivo di creare una comune base di lavoro per Unima e Confai, la nuova “Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani”, “Cai” in acronimo, nata lo scorso 27 maggio segna la definitiva unificazione le due più importanti realtà sindacali dei contoterzisti ereditando sei federazioni regionali, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana e Marche, 55 associazioni territoriali e un potenziale bacino di iscritti che copre oltre l’85 per cento delle aziende sindacalizzate nazionali. A guidare la nuova organizzazione fino alle elezioni in programma il prossimo anno saranno il veronese Gianni Dalla Bernardina e il mantovano Sandro Cappellini, rispettivamente presidente e vice presidente vicario, che si son dati quale obiettivo primario “il raggiungimento della definizione legislativa della figura dell’agromeccanico professionale” e “investire le Istituzioni, affinché si definiscano le regole per nuove politiche di sviluppo rurale”, frasi di circostanza dietro le quali si cela però la volontà, o velleità, a seconda di come la si pensi, di avere accesso ai fondi pac. Che i contoterzisti debbano essere aiutati è in effetti nella logica delle cose, visto che all’atto pratico i veri agricoltori sono molto spesso loro. Proprio la logica vuole però che prima di accampare diritti ci si qualifichi, nel senso che oggi, mancando un albo nazionale, chiunque può auto proclamarsi contoterzista senza avere l’obbligo di esibire un minimo di competenza in materia. A conferma, le migliaia di agricoltori che vanno a lavorare nel campo del vicino per arrotondare quasi sempre in nero le entrate qualificandosi ora agricoltori o ora contoterzisti quando e come fa più comodo. Una nutrita schiera di realtà che proprio per non perdere i vantaggi indotti da tale ambiguità professionale molto probabilmente non vedrà di buon occhio una più chiara regolamentazione della categoria. A oggi, dei circa dieci mila agromeccanici rappresentati dal nuovo sindacato, le organizzazioni che trovano nelle attività in conto terzi il loro core business sono in effetti solo poche centinaia, e già si è stati generosi, mentre le restanti aziende sono più che altro degli ibridi che diversificano i rispettivi impegni professionali alternandosi fra lavorazioni agricole in conto terzi, manutenzioni urbane e viarie e attività agricolture e zootecniche condotte in prima persona per le quali molti di loro ricevono i sussidi comunitari e accedono ai fondi psr. Di lavoro da fare Cai ne ha quindi parecchio se vuol far sì che i contoterzisti diventino a tutti gli effetti attori di primo piano nella filiera agricola italiana, ottenendo di conseguenza anche l’accesso a quei finanziamenti messi a disposizione dai psr regionali da cui finora sono stati esclusi. Irrinunciabile in tale ottica la creazione di linee guida che inquadrino i titoli professionali e le competenze necessarie per inquadrare in maniera chiara e precisa la figura del contoterzista, creando poi il già citato albo professionale cui deve riservare l’iscrizione solo a coloro che effettivamente svolgono primariamente tale mansione. Quanto sopra accettando l’idea che la credibilità non la si ottiene solo grazie ai discorsi compiaciuti del politico di turno, ma strutturandosi in maniera tale da non dare adito ad alcun sospetto. In assenza di tali presupposti l’ampliamento agli agromeccanici della platea dei beneficiari dei fondi psr resterà solo un miraggio.
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