Merlo amplia la propria gamma heavy duty dedicata al settore del biogas con il nuovo “TurboFarmer 65.9”. Caratterizzato da un inedito layout costruttivo teso a migliorare ulteriormente le doti di produttività e sicurezza dei sollevatori Merlo, si propone anche quale capostipite di una nuova generazione di macchine ad alte prestazioni
I sollevatori telescopici hanno consolidato ormai da tempo la propria importanza strategica negli impianti a biogas. Il crescente business delle cosiddette agroenergie necessita in effetti di macchine in grado di operare a 360 gradi, impiegando per ogni applicazione una specifica attrezzatura, ma senza che tale versatilità d’uso penalizzi le due doti imprescindibili in attività per loro stessa natura gravose, quali le capacità di carico e le altezze massime raggiungibili. Proprio per tale ragione, i principali costruttori di sollevatori telescopici hanno iniziato a presidiare tale segmento di mercato da tempi non sospetti, vuoi adeguando le proprie macchine a tali ambiti applicativi, vuoi progettando e sviluppando modelli ad hoc in grado di rispondere specificamente alle esigenze di coloro che hanno deciso di investire nel settore del biogas. Una strada quest’ultima seguita in particolare dal gruppo Merlo che fin dalla sua nascita ha improntato la propria filosofia imprenditoriale sulla specializzazione di prodotto, differenziando la propria offerta commerciale sulla base dei precisi input provenienti dal mercato e interpretando tempestivamente le specifiche esigenze applicative di ogni singolo comparto. Nasce proprio da tale impronta industriale anche quella gamma heavy duty dedicata al settore del biogas e, più in generale, alle attività di movimentazione dei prodotti sfusi che in occasione di Eima 2018 affiancherà alle due già note serie “Panoramic” e “Panoramic Hm” l’inedito modello “TurboFarmer 65.9”, macchina che oltre ad ampliare l’offerta commerciale del Marchio piemontese nello specifico segmento di mercato delle agroenergie si propone anche quale capostipite della nuova generazione di sollevatori telescopici Merlo attraverso un layout costruttivo teso a migliorare ulteriormente le doti di produttività e sicurezza dei mezzi cuneesi. Guarda in effetti in tale direzione l’impiego in fase costruttiva di assali e telaio ad alta resistenza orientati a garantire a “TurboFarmer 65.9” la massima stabilità operativa anche durante i massimi sforzi in termini di tiro e a livello di movimentazione. Ambito nel quale l’ultimo nato avanza capacità di carico pari a sei mila e 500 chili a fronte di altezze massime raggiungibili nell’ordine dei nove metri, prestazioni rese possibili anche alla presenza di un nuovo blocco delle uscite idrauliche, di progettazione originale Merlo, che ha inoltre consentito ai tecnici del Gruppo di elevare e ampliare le funzionalità operative della macchina. Nessun problema quindi a gestire i carichi più gravosi e impegnativi, attività peraltro affrontabili senza difficoltà anche in modo continuativo grazie a motorizzazioni Fpt Industrial serie “Nef” a quattro cilindri da quattro litri e mezzo di cubatura tarati a 170 cavalli e forti di alimentazioni common rail operanti ad alta pressione, distribuzioni a quattro valvole per cilindro e sovralimentazioni asservite da impianti intercooler. Contenuti questi ultimi che di fatto consentono l’impiego di “TurboFarmer 65.9” anche nel trasporto su strada, ambito nel quale l’ultimo nato in casa Merlo può giovarsi della presenza del sistema “Epd”, acronimo di “Eco Power Drive”, che gestisce in tempo reale il regime di lavoro del motore in un’ottica di risparmio energetico, concorrendo a realizzare risparmi a livello di consumi fino al 18 per cento rispetto a un telescopico di pari prestazioni. All’efficienza del gruppo di motopropulsione concorre inoltre la presenza della trasmissione idrostatica “McvTronic” che incrementa la coppia motrice alle basse velocità del 12 per cento e permette di settare tre diversi range operativi, uno dei quali, denominato “Auto”, rende il gruppo un vero e proprio cambio a variazione continua grazie alla presenza di due diversi motori idrostatici operanti in maniera autonoma rispetto all’altro. Alle basse velocità sono infatti entrambi attivi, per consentire alla macchina di erogare i suoi massimi livelli di coppia e quindi di far fronte alle già citate attività gravose, mentre quando la velocità inizia a crescere uno dei due motori si disattiva in maniera progressiva e graduale, così da permettere alla trasmissione di operare con assorbimenti energetici ridotti.