Almeno per due volte anche il marchio francese Citroën si accostò al settore agricolo. Due esperienze che rimasero senza seguito, nonostante avesse proposto mezzi validi. Forse perché la Casa non ci credette fino in fondo.
Marchio quanto mai affermato in ambito automobilistico e famoso per le sue proposte innovative, Citroen non disdegnò verso la fine degli Anni Dieci del secolo scorso di avvicinare anche il settore agricolo. Nell’immediato Dopoguerra, il primo pensiero delle aziende francesi era quello di rimettersi in gioco e anche André Citroën non sfuggì a tale trend. Aveva fatto fortuna producendo prima ingranaggi poi proiettili e armamenti. Con il ritorno della pace decise di fabbricare in grande serie automobili popolari come già stava facendo Henry Ford negli Stati Uniti.
Nacque così la sua prima autovettura, “Type A”, del 1919, periodo in cui la Francia necessitava con urgenza anche di trattori agricoli. Se da un lato la guerra aveva monopolizzato o paralizzato gli sforzi di molti costruttori francesi per qualche tempo, dall’altro, la pace fece crescere la richiesta di diversi mezzi agricoli, soprattutto trattori. La meccanizzazione agricola era inoltre agli inizi e il parco trattori francese era prevalentemente composto da mezzi a vapore molto ingombranti, costosi e poco efficienti.
Agile e compatto
C’era quindi spazio per un trattore con motore a combustione interna di piccola taglia da offrire a buon mercato. Opportunità che non sfuggì ad André Citroën. Nel settembre del 1919 presentò infatti alla Settimana d’autunno di Senlis, un minuscolo trattore lungo due metri e mezzo e pesante di 800 chili. Un mezzo privo di una denominazione commerciale in quanto siglato col prefisso di progetto, “Type B2”. Mosso da un motore a quattro cilindri con testata amovibile derivato direttamente dalle vetture “Type A”, ma tarato per erogare 12 cavalli a mille e 600 giri al minuto anziché 18.
La trasmissione proponeva due marce avanti e una retro e le ruote posteriori piene da 90 centimetri di diametro erano dotate di palette di aderenza. Il trattore si metteva in moto a manovella e a livello di comandi proponeva un blocco d’accensione, un acceleratore a pedale, una frizione e una leva del freno che agiva sulla trasmissione. L’assale anteriore, con ruote piene da 55 centimetri di diametro era sospeso su una molla trasversale con una sola lamina. Il design, molto particolare, lo faceva quasi sembrare un giocattolo. Però funzionava bene e si rivelò particolarmente adatto per far fronte alle esigenze operative indotte dalle piccole coltivazioni a vigneto. Da qui la sua connotazione quale trattore “vigneron”.
Funzionale ma troppo costoso
Fu proposto sul mercato a circa 15 mila franchi. Il doppio del prezzo di una “Type A”. Quindi risultò tutt’altro che a buon mercato. Condizione che gli impedì di cogliere il successo che avrebbe meritato e che si aspettava la società preposta alla commercializzazione, “Agricultural di Aubervilliers”. Venne prodotto per soli due anni, dal 1919 al 1920, arrivando a 500 unità complessive, di cui una decina esistenti ancora oggi e coccolate dai fortunati proprietari.
Non andò meglio all’altro tentativo di André Citroën nel settore dei trattori. Avvenne dopo la Seconda Guerra Mondiale, in un contesto favorevole al lancio di veicoli di quel tipo. Secondo le cifre pubblicate da Genie Rural nel 1943 la Francia disponeva in effetti di un parco di 40 mila trattori. Ma più di cinque mila erano inutilizzabili e 25 mila obsoleti. Costruiti prima del 1933. Il piano di ricostruzione nazionale dell’epoca imponeva l’acquisto di veicoli americani e bisognò aspettare fino al 1949 perché i costruttori francesi potessero muoversi in un contesto di libero mercato.
Cooptati anche i monaci trappisti
Citroën non aspettò però quella data e fece partire i primi studi di un nuovo trattore chiamato “Type J” già nel 1943. Gli studi si intensificarono nel 1947 e nel 1948 vennero realizzati tre prototipi il primo dei quali mosso da un motore erogante 11 cavalli e a trazione posteriore. I due prototipi successivi disponevano invece di un motore da 17 cavalli e avevano quattro ruote motrici con giunti omocinetici Tracta.
Il terzo prototipo di “Type J” proponeva inoltre una struttura con assali a portale, un sollevatore idraulico con pompa ad alta pressione e una presa di forza posteriore e successivamente venne applicata anche una cabina che riprendeva gli elementi strutturali della carrozzeria del furgone Citroën “Type H”. I diversi prototipi di “Type J” furono testati con la massima discrezione fino al 1949, soprattutto sul terreno agricolo dei monaci trappisti a Soligny-la-Trappe, non lontano dal centro prove Citroën di La Ferté-Vidame, dove venne poi ritrovato proprio il terzo prototipo, verso la metà degli Anni Novanta. Il trattore non venne però commercializzato sebbene fosse prestante e anche bello esteticamente in quanto insorsero problemi di approvvigionamento dei materiali.
Alla fine vinse l’auto
Inoltre all’epoca gli sforzi del costruttore francese erano completamente rivolti alla messa a punto del furgone “Type H”, della “2 Cavalli” e della rivoluzionaria “Ds”, auto che di fatto assorbirono tutte le energie progettuali dell’Azienda ponendo definitivamente fine alle iniziative rivolte verso la meccanizzazione agricola.
Le due volte di Citroën
Autore: Massimo Misley