Chi oggi ha la passione del modellismo ha i capelli grigio-bianchi. O non li ha affatto. E spesso proviene anche da una generazione che da piccola i giochi se li doveva costruire, una necessità che poi andava nel profondo della psiche finendo col far coincidere il gioco con il momento della costruzione. Roberto Malagoli e Stefano Foresti, modellisti di Nonantola, nel modenese, fan proprio parte di quella generazione e ancora oggi nei momenti liberi “giocano” costruendosi i loro giochi, modellini di macchine agricole che spesso nascono dal nulla come nel caso della mietitrebbia Laverda “M512”.
L’avevano vista lavorare nei campi della zona quando ancora avevano i calzoni corti e già allora avevano tentato di replicarla in scala usando dei materiali recuperati a casa. Legno, filo di ferro e colle assieme a qualche attrezzo rubacchiato ai genitori. Poi gli anni passano e la vita segue il suo corso, ma quella macchina resta sempre dentro, ora proponendosi quale sensazione di incompiuto ora quale sfida con se stessi. E dato alle sfide i modenesi non dicono mai di no, ecco che un bel giorno i Nostri decidono di accettarla. Macchina fotografica, taccuino e metro alla mano vanno a toccare on mano una vera Laverda “M 512” per poterla poi replicare in scala uno a 32.
Di fatto un modello interamente autocostruito, in ogni particolare e allestito partendo da un importante studio preparatorio avanzato suddividendo per gruppi le varie parti della macchina.
Mietitrebbia Laverda “M152”: tutto in scala, anche le bugie
Ogni particolare e stato poi dimensionato rispettando le misure originali ridotte in scala, lavoro eseguito a mano modellando una particolare resina utilizzata nella meccanica di precisione. Ottenuti i prototipi i due son passati alla clonazione dei particolari realizzando stampi di gomma siliconica attraverso i quali si possono ottenere delle perfette copie utilizzando una resina poliuretanica bicomponente. I dettagli mancanti, come cavi, tubi, e leveraggi sono invece stati riprodotti con filo di rame e stagno di vari spessori, mentre per le cofanature si è fatto ricorso a pannelli di plasticard e a fotoincisioni che replicano perfettamente le griglie originali.
In origine le grandi lamiere laterali erano però stampate con delle bugnature in rilievo per evitare deformazioni causate dal calore. Per ottenere un convincente risultato in scala ridotta che replicasse anche quella particolare superficie i pannelli sono stati rivestiti con delle decal stampate in rilievo. I piccoli puntini sono quindi perfettamente in scala, comprese asimmetrie e distanze! Fedele all’originale Laverda anche il sistema delle pulegge.
Tutti i passaggi delle cinghie seguono gli schemi Laverda con le cinghie riprodotte con del filo siliconico nero di mezzo millimetro. Infine la barra, non un semplice accessorio ma un ulteriore modello aggiuntivo. E’ stata riprodotta con la stessa procedura della macchina, è agganciabile alla bocca d’alimentazione e vede i denti replicati uno per uno con filo di rame e poi applicati singolarmente ai loro supporti, ovviamente riprodotti in scala anche quelli.
Leggi anche: Il modellino Jcb “Fastrac 8330” by Wiking fa 30, ma non 31
Titolo: La mietitrebbia Laverda “M152” di Roberto Malagoli e Stefano Foresti
Autore: Giorgio Galloni