Al cosiddetto “uomo della strada” gli sforzi che l’agrochimica sta facendo per rendere le produzioni agricole sempre più ecosostenibili non risultano, né è consapevole che proprio tale obiettivo sta dando luogo a una sorta di “corsa all’oro” molto simile a quelle che circa 170 or sono caratterizzò le gelide lande dell’Alaska. A differenza di tale evento la corsa all’oro contemporanea non ha però luogo all’aperto, bensì nel chiuso dei laboratori per individuare strumenti alternativi a quelli offerti dalla chimica di sintesi.
Questi ultimi si sono in effetti dimezzati in vent’anni, passando dai 441 formulati disponibili nel 2000 ai 212 del 2020. Parallelamente, rispetto agli usi fatti nel 1990 si sono dimezzate anche le tonnellate impiegate. Le grandi multinazionali di fatto non si sono mai rifiutate di avviare studi tesi a salvaguardare l’ambiente e anche se in tempi recenti si son mostrate meno inclini a investire su nuove molecole di sintesi lo han fatto per due ottime ragioni.
Costi e possibili denunce gli ostacoli alla ricerca
La prima è che il processo di messa a punto di una nuova molecola, dalla sua scoperta alla registrazione, costa fra i cento e i duecento milioni di dollari, la seconda è che ormai è troppo facile trovarsi in tribunale con l’accusa di dar luogo a prodotti che provocano malattie terribili o distruggono l’ambiente.
Per tali ragioni non sono poche le aziende dell’agrochimica che hanno progressivamente spostato i propri investimenti su business meno battagliati dal punto di vista mediatico e per nulla rischiosi da quello giudiziario. Non a caso dalle molecole di sintesi l’interesse dei ricercatori si è spostato su soluzioni di derivazione naturale quali, per esempio, batteri, virus e funghi antagonisti, o su sostanze attive tal quali ma comunque di derivazione naturale, come per esempio il chitosano o l’olio essenziale di arancio dolce, solo per citarne alcune.
Quanto ai microrganismi, invece, si contano a oggi 24 agenti attivi ad azione fungicida, cui se ne aggiungono altri venti da utilizzare contro gli insetti, target cui guardano anche quattro differenti virus. In più, alla lista si aggiunge Paecilomyces lilacinus, un fungo filamentoso capace di infettare i nematodi che affliggono le colture.
La differenza spesso è solo nel ceppo
Molti altri sono poi i generi e le specie disponibili sul mercato, spesso differenti solo a livello di ceppo. Per esempio, tra i funghi del genere Trichoderma sono autorizzate tre differenti specie con altrettanti ceppi ciascuna. Questi funghi sono impiegati per contrastare i patogeni terricoli, ma in alcuni casi vengono applicati su vite contro i patogeni causa del mal dell’esca. Ancora tre i ceppi, ma di Bacillus amyloliquefaciens, impiegati contro oidio, botrite e alcune batteriosi, incluso il colpo di fuoco batterico del pero. Circa gli stessi sono i target di Aureobasidium pullulans, mentre sui cereali sono impiegabili un paio di specie differenti del batterio Pseudomonas, antagonista di Fusarium, Rhizoctonia ed Helmintosporium. Poi ancora Ampelomices e Bacillus, sia pumilus sia subtilis, Coniotirium, Metschnikowia, Pythium, Saccharomyces e Streptomyces K61. Tutti aventi come target i patogeni più comuni delle colture agrarie, come per esempio oidio e botrite.
A chiudere l’elenco, gli 11 ceppi di Bacillus thuringiensis, efficace contro i lepidotteri, cui si aggiungono i cinque ceppi di Beauveria bassiana, applicabile contro gli aleurodidi delle serre. Infine, nel novero degli insetticidi microbiologici ricadono anche funghi del genere Metarhizium, Paecilomyces e Akanthomyces. Va precisato che difficilmente la fitoiatria potrà nel breve affidarsi solo a queste soluzioni naturali per proteggere le colture dall’inizio alla fine del ciclo produttivo e quindi sarà bene difendere a denti stretti le sostanze di sintesi rimaste a protezione dei campi nella speranza che prima o poi anche gli ogm vengano finalmente accettati e utilizzati in Europa. Perché affidandosi solo a batteri e sostanze naturali v’è da temere di finire poveri e affamati, proprio come spesso capitava ai cercatori d’oro che non riuscivano a far fortuna.
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Titolo: La febbre dell’oro dell’agrochimica
Autore: Donatello Sandroni