La terra coltivabile è sempre meno, ma la richiesta di prodotti alimentari è in costante crescita. A dispetto quindi delle correnti che spingono verso agricolture alternative a bassa resa, l’intensificazione sostenibile appare la risposta più efficace alla crescente divaricazione fra quanto viene richiesto dai mercati e quanto possono fornire i campi rimasti. Per esempio, nelle aree geografiche ove zootecnia e produzione di biogas siano predominanti, una soluzione a tale dilemma è senz’altro il doppio raccolto. Nei 12 mesi dell’anno si può cioè far sì che il terreno non sia praticamente mai nudo, ospitando una coltura in crescita quasi in continuo. In termini temporali, dalla seconda metà di ottobre è possibile infatti seminare una coltura autunno-vernina come orzo o triticale. In special modo il primo, grazie anche a nuovi ibridi di recente introduzione, può essere raccolto entro metà maggio in piena maturazione lattea ed essere avviato o all’alimentazione delle mandrie, oppure ai digestori per la produzione di biogas.
La digeribilità dei foraggi di cereali autunno-vernini è infatti maggiore negli insilati raccolti precocemente. Subito dopo è bene seminare una coltura primaverile-estiva, come mais o soia. In tal caso, da fine agosto a fine settembre, a seconda degli ibridi e delle varietà seminate, è possibile fare entrare in campo le macchine da raccolta per un secondo giro, giusto in tempo per ricominciare il ciclo colturale. I vantaggi di tali pratiche sono consistenti, visto che si parla di biomasse importanti. Un trinciato di mais può infatti superare le 60 tonnellate di resa per ettaro, con un contenuto di sostanza secca intorno al 35 per cento. Un orzo ibrido può addirittura superare le cento tonnellate per ettaro di materiale fresco, in grado questo di fornire negli anni migliori fino a 30 tonnellate di sostanza secca. In totale, fra primo e secondo raccolto, si possono raccogliere fino a 50 tonnellate di sostanza secca per ettaro.
Un vantaggio che non si ferma alle rese e al reddito aziendale, bensì sconfina anche negli aspetti ambientali. Per ogni tonnellata di sostanza secca raccolta se ne sono infatti asportati più di due di anidride carbonica dall’aria, a conferma che più alte sono le rese per ettaro, più l’agricoltore contribuisce a contrastare anche i cambiamenti climatici dovuti ai gas serra. L’unico tallone d’Achille di tale approccio intensivo è il tempo. Nel senso che le finestre temporali fra raccolta e semina sono sempre strette e cadono per giunta in epoche in cui pure il meteo può fare capricci riducendo ulteriormente i giorni disponibili. Per tali ragioni è necessario attrezzarsi con macchinari concepiti per operare minime lavorazioni del terreno e seminatrici combinate con erpici, in modo da porre a dimora i semi con al massimo due passaggi in campo, per giunta veloci.
A soddisfare siffatte esigenze si presta la gamma Kuhn, forte di due serie di seminatrici combinate atte ad accelerare i tempi di esecuzione delle semine assicurando al contempo l’ottimale deposizione in campo dei semi, ovvero le serie “Venta” e “Sitera”. La prima è composta da sei modelli di combinate pneumatiche atte a operare sia con erpici fissi, sia pieghevoli. A rispondere alla prima opzione sono i modelli “Venta 3010”, con elemento di semina a falcione, “Venta 3020”, con elementi a doppio disco, e “Venta 3030”, accessoriato con elementi “Seedflex”. Capaci di operare sia con erpici fissi, sia pieghevoli sono invece le “Venta Btf”, anch’esse suddivise in tre modelli distinti. Le “Venta Btf 3030” operano con erpici fissi e offrono un fronte di lavorazione pari atre metri.
Un valore che sale a quattro o cinque metri con le “Venta Btf R 4000 – 5000”, atte a operare con erpici pieghevoli. Infine, le “Venta Btf R 6030”, i cui erpici pieghevoli possono raggiungere isei metri di larghezza. Sono cioè le macchine che meglio si prestano alle grandi aziende o al contoterzismo professionale. Per chi prediligesse però le soluzioni che prevedono sì seminatrici combinate, ma di tipo meccanico, possono entrare in gioco i tre modelli della serie “Sitera”, ovvero le “Sitera 3000”, “Sitera3500” e “Sitera4000”, ove la cifra esprime la larghezza operativa delle macchine in millimetri. In funzione del modello prescelto cambiano ovviamente anche gli elementi di semina, da un minimo di venti a un massimo di 32 nella top di gamma, nonché le capacità delle tramogge che offrono rispettivamente 780, 900 e mille e 80 litri, elevabili a mille e 80, mille e 250 e mille e 480 adottando gli appositi rialzi. La precisione della distribuzione è assicurata da un apposito variatore e da scanalature ad apertura regolabile con vite micrometrica. Tali scanalature sono in grado di dosare da un minimo di un chilo e mezzo di semi per ettaro a un massimo di 450, indipendentemente dal profilo del suolo, dal livello della semente in tramoggia e dalla velocità d’avanzamento. Infine, a garanzia di un’ottimale deposizione in campo dei semi, gli elementi di semina sono di tipo “Seedflex”, a doppi dischi sfalsati con rotella di rincalco.