Da fine Dicembre 2023 in Italia possono essere commercializzate quattro specie di insetti. Il verme della farina, la locusta migratoria, il grillo domestico e la larva gialla. Ovviamente non saranno venduti vivi, ma principalmente in forma di farina proteica. Lo ha dovuto ammettere il 13 Gennaio scorso il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste Francesco Lollobrigida durante un’audizione in Parlamento. Un’esternazione avanzata a denti stretti che riporta con i piedi per terra uno dei più accaniti fautori del tradizionale e uno dei più accaniti oppositori dell’innovazione agro-alimentare. Dopo anni di discussioni raramente costruttive sugli insetti visti quali forme di alimentazione, il Governo che più di ogni altro si fa vanto di tutelare le produzioni nazionali è stato costretto a consentire la vendita di larve e grilli trasformati in sfarinati. Una beffa, ma anche una realtà annunciata in quanto già scritta. Per quanto tutti gli autodichiaratisi “paladini della dieta italiana”, Governo e Coldiretti in primis, possano unirsi in protesta, fino a quando il Paese sarà membro dell’Unione Europea le Leggi sul commercio le scrive l’Unione, non i singoli governi. Ed è un bene, visto che la libera circolazione di merci e persone è uno dei più importanti diritti dei cittadini degli Stati Membri.
Il primo ok europeo già nel 2021
Il Governo lo sapeva benissimo, ma per rincorrere il consenso – innegabile che le farine di insetti suscitino repulsione a un popolo abituato a mangiar bene – ha preferito lanciarsi in una battaglia persa in partenza. I decreti attuativi italiani sono infatti di fine Dicembre, ma l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, Efsa, aveva già dato il benestare per la vendita del verme della farina nel 2021, autorizzazione estesa nel corso degli anni successivi agli altri insetti. L’Italia non poteva dunque cambiare la Legge e il Ministro ha dovuto ingoiare il rospo cercando di mettere una pezza alla sua sconfitta dichiarando che gli insetti entreranno sì nei supermercati, ma che i consumatori potranno evitare di doverli consumare grazie a una etichettatura ad hoc e al posizionamento di tali alimenti in ben precisi scaffali. Peccato che anche le norme sulle etichettature non siano materia di discussione nazionale ma disciplinate da norme europee, i Regolamenti 882/2021, 1975/2021, 188/2022, 5/2023 e 58/2023.
Lollobrigida ha dunque venduto per proprio un lavoro fatto da altri, e non è bello, aggravando poi la cosa con tesi tutta da discutere: gli insetti sono diversi dalla carne coltivata in quanto prodotti naturali. Citando le sue parole, riprese da Ansa, “gli insetti sono elementi naturali presenti nell’alimentazione di altre Nazioni. Noi non li abbiamo tra gli elementi principali della nostra dieta e ritengo non mettano, a differenza delle carni coltivate, in discussione il nostro modello e quella cultura alimentare della quale siamo orgogliosi”.
Che la carne coltivata non sia di origine naturale è da dimostrare visto che la sua produzione parte proprio da cellule naturali, ma quel che è grave è il fatto che dietro alle parole del Ministro si cela l’ennesima dimostrazione di come per certa gente gli Italiani siano soggetti incapaci di scelte razionali e quindi per il loro bene debbano essere “costretti” nelle scelte. Alla faccia di quella tutela della libertà personale che dovrebbe essere alla base di una seria e consolidata democrazia e anche alla faccia del progresso tecnologico, nel caso specifico raccontato come un attentato a non ben precisati valori condivisi.
Insetti e carne coltivata: l’innovazione è sempre un’opportunità
Per fortuna a disciplinare la futura commercializzazione delle carni coltivate ci penserà ancora una volta l’Europa, organizzazione a volte mamma e a volte matrigna ma che nel caso specifico tutela la libertà di alimentazione. Di fatto, accade che al netto della posizione governativa e indipendentemente dal ribrezzo che possono suscitare gli insetti, è necessario sottolineare come la notizia della loro possibile commercializzazione sia positiva. Fare a pugni con l’innovazione non è mai una buona idea e le nuove proposte non faranno certo male né al consumatore italiano né agli agricoltori o agli allevatori. I primi sono in effetti liberi di non acquistarli e i secondi di non produrli, fermo restando che se il mercato si aprisse nulla vieterà ad agricoltori e allevatori di inserirsi nel business.
Fa male però la continua ostinazione avanzata da tutti i Governi nel non recepire le regole comunitarie ogni volta che queste possono far perdere consensi. Su grilli e larve l’Italia era solo in ritardo, ma al momento sono 82 le procedure di infrazione aperte verso il nostro Paese per colpa di adempimenti mancati in ambito Ue. Anzichè preoccuparsi di ciò che mangiano gli Italiani il Governo farebbe quindi bene a lavorare su quelle, non fosse altro che per evitare di far pagare agli Italiani i suoi errori, le sue incompetenze e le sue inerzie.
Titolo: Insetti e carne coltivata: pezze governative
Autore: Redazione