I droni è certo che saranno un alleato prezioso per tutte le aziende agricole contribuendo a minimizzare i costi e a massimizzare i profitti. Le aziende però devono accettare tale nuova tecnologia e imparare a sfruttarne le sue infinite potenzialità
La peggior frase che un imprenditore agricolo può pronunciare è “abbiamo sempre fatto così”. Un approccio mentale al lavoro che di fatto sbatte la porta in faccia a qualsiasi discorso di innovazione e di sviluppo portando poi l’azienda in tempi più o meno rapidi a porsi fuori mercato, un ambito che premia sempre e solo le organizzazioni più sensibili alle nuove proposte produttive e tecnologiche. Fra queste ultime si collocano oggi i droni, macchine utilizzate a livello civile, industriale e militare per far fronte a un ampissimo spettro di profili di missione e che con maggior fatica si stanno anche introducendo in campo agricolo. In tale ambito a frenare la diffusione di questi veivoli non sono le loro potenzialità, ma le teste degli operatori, nel senso che molti di loro, forse troppi, rifiutano a priori “il nuovo”, per supponenza o, più spesso, per la paura di non saperlo gestire. Un problema quest’ultimo che ovviamente impatta soprattutto quando “il nuovo” si propone con contenuti tecnologici di elevato spessore come appunto sono quelli dei droni, mezzi che per caratteristiche costruttive e metodologie di gestione nulla hanno in comune con qualsiasi altra macchina agricola. Chi si avvicina al drone deve quindi accettare di far proprio un minimo di preparazione, partendo però dall’idea che i droni più moderni sono progettati proprio nell’ottica di minimizzare al massimo tale impegno. Un esempio in tal senso è dato dalla serie “Matrice 200”, quadricottero di produzione Dji equipaggiabile con sensori e camere multispettrali atte al monitoraggio dello stato di salute delle colture e che grazie ai suoi software di gestione si comporta come un vero e proprio robot. Per farlo lavorare bastano in effetti uno smartphone o un tablet, la relativa app e la voglia di provare. Nient’altro. è sufficiente inquadrare sullo smartphone o sul tablet l’area da monitorare disegnandone i contorni con un dito, rispondere alle poche domande che il drone avanza prima di spiccare il volo e dare un “ok” al decollo. A quel punto “Matrice 200” fa tutto da sé, nel senso che stabilisce lui le traiettorie di volo, attiva i suoi sensori e torna alla base una volta finito il lavoro o esaurite le batterie. Anche i dati rilevati vengono elaborati in automatico per renderli subito disponibili in forma grafica all’operatore che a quel punto può rapidamente prendere tutte le decisioni necessarie per ottimizzare le sue colture, specialmente per quanto riguarda la fertilizzazione. Ogni campo è infatti diverso dagli altri e perfino all’interno di appezzamenti di piccole dimensioni possono esservi differenze nella risposta alle irrigazioni e alla distribuzione di fertilizzanti. In passato servivano analisi chimico-fisiche dei terreni, possibilmente campionando in più punti per ogni appezzamento e ciò faceva talmente lievitare i costi e i tempi da spingere le aziende al rifiuto di tale prassi preferendo lavorare a livello stagionale basandosi sulle mappe di produttività ottenibili tramite le misurazioni effettuate dalle mietitrebbia. Che però danno solo informazioni a posteriori, utili appunto per programmare le gestioni dell’anno successivo, ma non certo per quello in corso. “Matrice 200” svolge invece proprio il lavoro contrario: rileva in tempo reale lo stato di vigore delle colture consentendo di apportare le più opportune correzioni nutrizionali o irrigue necessarie per massimizzando le rese già nel breve periodo. Permette quindi di risparmiare sui costi di fertilizzazione grazie a una distribuzione mirata e differenziata dei prodotti, attuata in funzione della reale necessità delle piante ed evitando che si attuino interventi là dove non è necessario. All’atto pratico “Matrice 200” è un vero e proprio occhio elettronico studiato da una parte per agevolare la vita agli agricoltori permettendo loro di monitorare le colture stando comodamente seduti in uccio, ma dall’altra è anche un alleato prezioso in quanto aiuta gli stessi agricoltori a individuare tempestivamente qualsiasi tipo di aggressione alle colture. Il tutto richiedendo competenze tecniche che potrebbe maturare anche un gibbone ben addestrato.