Quello di oggi è un mondo il cui tema della sostenibilità ambientale è spesso legato anche a dinamiche comunicative, specie quando si analizza il tema del trasporto su gomma spesso oggetto di discutibili e contradditorie analisi. Un esempio in tal senso è lo spazio che viene dato a livello mediatico all’idrogeno e ai potenziali benefici per il suo utilizzo quale combustibile alternativo a benzina e gasolio nell’ottica di un percorso di decarbonizzazione dei trasporti e delle macchine operatrici previsto da qui al 2050.
In questo spazio, invece, si propone un’analisi sull’idrogeno legata, allo stato attuale della tecnologia, ad oggettivi vantaggi e svantaggi.
I costruttori e l’idrogeno
Per quanto concerne l’idrogeno, in primo luogo, è indubbio che sono diversi i costruttori che hanno avviato delle sperimentazioni e ricerche in tal senso ed è indubbio che l’uso di propulsioni basate sull’idrogeno meglio si presta rispetto al full electric per assecondare le applicazione che richiedono autonomie elevate, rifornimenti veloci e storage di bordo che non penalizzino tare e ingombri.
Il primo elemento della tavola di Dmitrij Ivanovič Mendeleev ben risponde a tali esigenze, risultando anche avulso da emissioni inquinanti se utilizzato nelle fuel cell. Senza dimenticare la possibilità di usarlo anche per alimentare i motori endotermici se opportunamente modificati in un’ottica di transizione morbida dall’endotermico alle stesse fuel cell. Ciò grazie a una reazione con l’ossigeno fortemente esoterma indotta da un potere calorifero elevato, due volte maggiore rispetto per esempio a quello del gas naturale a parità di massa. Un vettore ottimale quindi, oltre che disponibile in grandi quantità e dunque perfetto quale soluzione “carbon free”. Ma come si produce l’idrogeno?
Idrogeno: come si produce
Purtroppo come recita un noto proverbio “Non c’è rosa senza spine” e nel caso specifico le punte acuminate sono costituite dal fatto che per disporre di tale elemento si deve al momento ricorrere a tecnologie che nulla hanno di “carbon free” risultando al contrario fortemente penalizzanti per l’ambiente.
All’atto pratico, accade che l’idrogeno vada “prodotto” in quanto non esistono giacimenti che ne consentano un utilizzo diretto. Si tratta infatti di un elemento instabile a livello chimico e che, come tale, tende a legarsi velocemente ad altri elementi. Basti pensare all’acqua o agli stessi idrocarburi che altro non sono se non catene più o meno lunghe di atomi di carbonio e idrogeno.
Ne deriva che l’unico modo di disporre di idrogeno “puro” è quello di estrarlo da molecole in cui esso sia presente, processo che però richiede un consumo di energia in quantità maggiore rispetto a quella che si libera poi utilizzando l’idrogeno ottenuto quale combustibile.
Intendiamoci, anche l’estrazione e la raffinazione dei combustibili fossili richiede energia, ma il bilancio totale fra quella assorbita e quella resa è più vantaggioso se analizzato nell’ambito dell’intera catena, cioè dalla produzione all’utilizzo dell’elemento quale fonte energetica per un motore. A maggior ragione se si pensa che la produzione dell’idrogeno a livello industriale viene oggi avanzata utilizzando combustibili fossili, vuoi per dar luogo a processi di gassificazione vuoi per realizzare processi di “steam reforming”.
Come si produce l’idrogeno: i processi di produzione
Nel primo caso l’idrogeno viene estratto dall’acqua portandola ad alta temperatura e facendola reagire con carbone o biomasse, nel secondo caso viene estratto direttamente da idrocarburi, nella maggior parte dei casi costituiti da metano.
In entrambi i casi si devono quindi bruciare dei combustibili per produrre un combustibile sobbarcandosi perdite energetiche non secondarie che danno luogo a efficienze oscillanti intorno al 70 per cento. In entrambi i casi i processi danno inoltre luogo a quantità importanti di monossido di carbonio e anidride carbonica, proprio quei gas che un approccio “carbon free” si vorrebbero mettere al bando.
Decisamente più sostenibili sarebbero i processi di produzione legati all’elettrolisi e basati sull’utilizzo di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili per spezzare i legami chimici in essere tra gli atomi delle molecole d’acqua. Tali processi sono già in uso, ma al momento non permettono di produrre grandi quantità di idrogeno.
Le problematiche gestionali
A complicare e penalizzare ulteriormente le possibilità di utilizzo dell’elemento ci sono poi anche le problematiche indotte dalle esigenze di immagazzinamento e trasporto, due aspetti gestionali che danno luogo a ulteriori perdite di rendimento nel processo well-to-wheel. Sebbene la densità di energia per unità di massa dell’idrogeno sia elevata, 143 megajoule per chilo, in condizioni atmosferiche standard questi ha una densità estremamente ridotta e quindi per poter disporre di congrue riserve è necessario comprimerlo tramite impianti dedicati all’interno di serbatoi altrettanto dedicati.
Per meglio evidenziare i termini del problema si può fare un confronto con il gpl, gas che a pressione ambiente ha una densità di due chili per metro cubo e può essere liquefatto sottoponendolo a una pressione di soli dieci bar dando origine a stoccaggi di 500 chili a metro cubo, pari a stoccaggi energetici con densità di 25 megajoule per litro. L’idrogeno a pressione ambiente ha invece una densità di 90 grammi per metro cubo, circa 20 volte meno del gpl, e per poter disporre di una densità energetica dell’ordine dei cinque megajoule per litro, cinque volte meno del gpl nelle condizioni sopra riportate, bisogna portarlo a pressioni superiori ai 200 bar. Per tale ragione accade che in fase di rifornimento l’idrogeno venga anche raffreddato, altro processo che necessita di energia e quindi va a ridurre il rendimento finale della catena well-to-wheel.
In alternativa, per evitare la compressione, si può optare per la liquefazione, ottenibile però portando il combustibile a temperature dell’ordine dei 252 gradi centigradi sotto lo zero. In questo caso si possono raggiungere densità energetiche di circa dieci megajoule per litro, meno della metà di quelle proposte dal gpl. A parte l’energia necessaria per dar luogo al processo, accade che sia poi necessario mantenere il serbatoio a tali temperature con difficoltà tecniche non indifferenti.
Idrogeno: vantaggi e svantaggi
Ammesso comunque che si riescano a superare tutti i problemi di cui sopra e si disponga di idrogeno utilizzabile per produrre lavoro utile accade che l’efficienza dei processi cambi a seconda che lo si bruci in un motore termico o lo si utilizzi all’interno di una fuel cell per produrre elettricità da immagazzinarsi e stabilizzarsi all’interno di una batteria prima di trasferirla ai motori elettrici.
Stando ai più aggiornati studi in materia accade che le perdite energetiche calcolate a partire dalle fonti e arrivando proprio a tali batterie siano di poco inferiori al 95 per cento con emissioni di gas serra di circa 110 grammi per ogni megajoule di energia prodotta o cinque decimi di grammo per chilowattora. Dati sconfortanti se si pensa che la produzione del gasolio permette di immagazzinare anche oltre il 70 per cento dell’energia alla fonte con emissioni di circa 15 grammi per megajoule di emissioni di gas serra, circa otto volte inferiori a quelle dell’idrogeno, ed equivalenti a cinque centesimi di grammo per wattora.
A favore dell’idrogeno però giocano le efficienze delle celle a combustile che oscillano tra il 40 e il 60 per cento e i superiori rendimenti dei motori elettrici, fra l’ottanta e il novanta per cento, rispetto ai diesel di ultima generazione che viaggiano oltre il 40 per cento.
In definitiva accade che per ora, e si sottolinea per ora, l’utilizzo dell’idrogeno quale vettore energetico nel segmento dei trasporti, alla luce delle problematiche di produzione stoccaggio in essere, è ancora lontano dall’essere funzionale alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Titolo: Idrogeno: come si produce, vantaggi e svantaggi
Autore: Redazione