Sullo scorso numero di Macchine Trattori era stato riportato un articolo a firma Fabio Fracchia (che riportiamo qui sotto) che illustrava l’assurdità del progetto di “Rinaturazione del Po” finanziato con 357 milioni di euro del Pnrr. Le critiche avanzate dalla rivista e dalle varie organizzazioni sindacali e di categoria sembra abbiano avuto effetto, tant’è che a distanza di un mese l’Aipo, l’Agenzia Interregiornale per il fiume Po, ha deciso di sospendere il progetto causa “criticità di ordine generale”.
Per una volta sembra abbia prevalso la ragione, fermo restando che ora è necessario allocare i 357 milioni su nuovi progetti, magari orientati a una gestione delle acque attuata mediante invasi che fungano allo stesso tempo da argini contro le piene e da riserve contro la siccità. Tema che Macchine Trattori porta avanti almeno da 15 anni a questa parte.
Di seguito l’articolo di Fabio Fracchia (da Macchine Trattori di Novembre)
Scalpore e preoccupazione per un progetto che prevede 56 siti di intervento lungo l’asta del Po coinvolgendo quattro Regioni, 12 Province e 106 comuni.
Si chiama “Rinaturazione dell’area del Po”, impatta su poco meno di 30 mila ettari di territorio ed è stato finanziato dal Pnrr con 357 milioni di euro, cifra che sarà poi da restituire.
A sorpresa ecco i decreti di esproprio
Passato sotto traccia fino ad un paio di mesi fa, solo in tempi recenti ha iniziato a manifestare i suoi primi ritorni, concretizzatisi in decreti di esproprio che hanno scatenato non poche polemiche e ire nelle campagne padane. Il progetto prevede infatti diversi interventi, tra cui spiccano la dismissione e la modifica di opere di difesa, la riattivazione di rami fluviali secondari, una la riforestazione “naturalistica” di diverse aree e il controllo delle specie vegetali invasive. Sulla carta interventi che in parte potrebbero anche essere condivisibili ma che di fatto, coerentemente col nome del progetto, puntano a estromettere l’uomo e le sue attività da una fascia fluviale coltivata da prima del Medioevo e sulla quale si sono sviluppate una civiltà e un’agricoltura tra le più avanzate al Mondo oltre a un’industria fiorente. Entrambi i comparti saranno però ora messi a rischio dall’eliminazione delle difese spondali definite dal progetto per “riforestare” aree abitate ancor prima che Cristoforo Colombo scoprisse l’America.
A pagare maggiormente l’agricoltura
Fra i settori più colpiti l’agricoltura che si vedrà sottratti migliaia di ettari gran parte dei quali orientati alla pioppicoltura. Rischia di perdere il 15 per cento della sua superficie e ciò nonostante l’Italia importi più del 50 per cento del pioppo che serve all’industria. Un comparto che vale 56 miliardi di valore, occupa più di 300 mila addetti distribuiti su 70 mila aziende di filiera ed esportando fino al 40 per cento dei prodotti. Francamente non si capisce che senso abbia il penalizzarlo né perché si debbano ripristinare foreste perse ai tempi della caduta dell’Impero Romano. Un intervento che non ci si può poi esimere dal definire ridicolo è quello relativo al controllo delle specie vegetali invasive, previsto su oltre due mila e 700 ettari. Vero che zucca matta e poligono giapponese, solo per fare due esempi, stanno contaminando vaste aree fluviali, ma si tratta di specie invasive caratterizzate da capacità di diffusione e di ricaccio come poche altre in natura. Pensare che basti un intervento per eliminarle è assurdo mentre avrebbe senso dare in gestione agli agricoltori le aree infestate lasciando loro il compito di provvedere ai necessari interventi.
Fiume Po e Pnrr, iniziativa spot una tantum
Quello che succederà invece stando al progetto è che al primo intervento non ne seguiranno altri né ci saranno manutenzioni e quindi nel volgere di pochi anni, al massimo quattro, tutto tornerà come prima. Fatti salvi i conti in banca di quanti si saranno appropriati dei 357 milioni disponibili. Di fatto molti disagi e l’innesco di nuovi pericoli per le popolazioni locali avendo la certezza che l’unico vantaggio sarà stato quello di aver speso dei fondi pubblici che altrimenti si sarebbero persi. Da capire a questo punto quale sia la strategia migliore fra lo “spendere in lavori inutili per non perdere” e il “non spendere per non dover restituire”. Ciò che davvero è però assurda è l’arroganza di chi, in nome di un approccio totalmente ideologico e non basato sulla realtà dei territori punta a estromettere l’uomo e l’agricoltura da ambienti che sono spesso tra i più fertili e produttivi intervenendo non solo su terreni demaniali, ma anche su terreni privati e su terreni demaniali concessi dietro pagamento di canoni non simbolici ad aziende agricole. Il tutto vagheggiando una “naturalità” che non esiste qui come non esiste in nessun altro grande fiume europeo e dimenticando due mila anni di storia durante i quali l’agricoltura ha conquistato nuove terre per dar da mangiare a interi popoli. Il ruolo che dovrebbe assolvere anche in futuro ma che da più parti sembra ora messo in discussione.
Titolo: Fiume Po, 357 milioni buttati
Autore: Fabio Fracchia