Sebbene siano pratiche ad alto grado di sostenibilità, la semina su sodo e le minime lavorazioni coprono ancora una superficie minoritaria delle superfici agricole italiane. Le lavorazioni profonde possono infatti avere ancora senso in molte situazioni di campo, soprattutto nelle province a forte vocazione zootecnica ove l’aratura è necessaria per incorporare le generose disponibilità di letame, liquami e digestati.
Allineati con i dettami Pac
Anche in queste aziende, però, l’agricoltura conservativa può risultare utile in alcuni specifiche situazioni, per esempio quando si voglia procedere alle seconde semine dopo lo sfalcio dei cereali autunno-vernini. Da metà maggio si iniziano infatti le pratiche di trinciatura di orzo e triticale, da raccogliersi a maturazione latteo-cerosa per essere avviati a insilamento. Quindi, prima di seminare ancora cereali in autunno restano almeno quattro mesi e mezzo in cui i campi possono essere impiegati per coltivare qualcos’altro, di norma mais o soia. In tal caso, per le seconde semine ben si prestano gli ibridi di mais Classe Fao 400 o 500, dai cicli produttivi compresi fra i tre e i quattro mesi. Oppure varietà di soia dei gruppi “0+” e “1-“, a ciclo breve o medio-breve, sebbene nel Nord-Est si possano seminare anche varietà del gruppo “1” grazie a terreni più favorevoli a tale scelta. Inoltre, la soia rientra nell’“eco-schema 4” della Pac che prevede un pagamento annuale di 110 euro per ettaro, salendo a 132 nelle aree “Natura 2000” e “Zvn”, acronimo di “zone vulnerabili ai nitrati”. Una condizione, quest’ultima, che supera ormai l’80 per cento delle superfici agricole lombarda e veneta, coprendone oltre metà in Emilia-Romagna e Piemonte.
Dalla teoria bisogna però passare ai fatti e il tempo gioca in tal senso un ruolo fondamentale. Fra la trinciatura di orzo e triticale e la seconda semina deve passare il minor tempo possibile, poiché più lungo sarà il ciclo di mais e soia e maggiori diverranno le rese alla raccolta. Medesima necessità si incontrerà a ottobre, quando i terreni dovranno essere pronti alle semine dei cereali autunno-vernini. Almeno una volta all’anno, quindi, le minime lavorazioni permetteranno di passare da una coltura all’altra nel più breve tempo possibile, incorporando comunque nel terreno i residui colturali ed eventuali apporti di sostanza organica. Fra le soluzioni che Horsch propone in tal senso si evidenzia la serie “Terrano”, coltivatori misti a denti e dischi atti ad affinare il terreno dopo l’aratura, operando a tal scopo fino a una profondità di 25 centimetri, oppure a lavorare superficialmente i letti di semina fra i dieci e i 15 centimetri, cioè quelli necessari per dare il via alle seconde semine senza rivoltamento del terreno. Le diverse profondità di lavorazione sono tutte regolabili idraulicamente tramite il terminale in cabina.
Coltivatori “Terrano” di Horsch, incidono senza rivoltare
Caratterizzati da elevata efficienza e velocità operativa, i “Terrano” sono disponibili nei quattro modelli “Fx”, “Gx”, “Fm” ed “Mt”, tutti accessoriati con ancore robuste capaci di incidere il terreno senza però rivoltarlo. Questi coltivatori risultano quindi particolarmente consigliabili quando si debba affinare lo strato superficiale del letto di semina incorporando i residui colturali, grazie ai dischi, creando al contempo incisioni verticali lungo il profilo tali da favorire una veloce e omogenea germinazione dei semi. Quanto a larghezze operative, i “Terrano” attaccano con fronti dai tre ai cinque metri degli “Fx”, gli unici della serie di tipo portato, salendo poi fra i quattro metri e 40 centimetri e i cinque metri e 90 dei “Gx”. Analoghe larghezze, da quattro a sei metri, anche per le due versioni degli “Mt”, i quali a differenza di tutti gli altri modelli della serie “Terrano” aprono la lavorazione con una prima fila di dischi, terminandola con una seconda fila posta dopo le ancore. Infine, le sette versioni del modello “Fm”, ammiraglia della serie con fronti operativi da un minimo di quattro metri e 80 centimetri a un massimo di 12 metri e 15 centimetri.
Coltivatori “Terrano” di Horsch: telai di acciaio e quattro file di denti
Ideali per lavorazioni superficiali e medio-profonde, i “Terrano Fm” presentano un telaio su cui sono alloggiate quattro file di denti che risultano fra loro sfalsati in modo da garantire una distanza fra i solchi di 27 centimetri. All’azione delle ancore contribuisce infine l’ultima fila di organi lavoranti, a dischi. Il livellamento conclusivo è poi delegato a un packer di chiusura disponibile in diverse versioni in funzione del terreno da lavorare.
A ogni terreno il suo attrezzo
Data l’estrema variabilità delle tessiture dei terreni, come pure delle condizioni di umidità dei medesimi al momento della lavorazione, i coltivatori vanno accessoriati con attrezzi fra loro diversi per tipo di azione svolta. Le ancore possono in tal senso presentarsi con punte semplici, tipiche degli erpici, oppure dotate di ali laterali per incidere il terreno anche longitudinalmente oltre che verticalmente. Per terreni più ostili le ancore possono essere rinforzate con punte di acciaio, mentre in caso di lavorazioni più profonde sono disponibili anche coltri verticali atti a tagliare l’intero profilo del terreno. Anche i packer possono essere diversi, offrendosi fino a otto tipologie con dischi dentati o lisci, abbinabili ad anelli di tipo “Ringflex, o presentarsi a rullo singolo o doppio oppure ancora di tipo aperto o a gabbia, composto quest’ultimo da dieci barre metalliche longitudinali a formare una spirale per meglio frantumare e affinare il substrato. Per via opzionale è infine disponibile anche uno strigliatore di chiusura per ottenere un affinamento ancor più spinto del letto di semina.