Favorita dall’atteggiamento cerchiobottista della politica, delle industrie e delle associazioni, la Commissione europea chiede all’Italia una riduzione del 62 per cento degli agrofarmaci, una follia che mette a rischio la sicurezza agroalimentare. Questo nonostante invece i rischi sanitari e ambientali indotti da tali prodotti siano già oggi risibili e gli usi quasi dimezzati in trent’anni.
Stella Kyriakides, cipriota, è Commissario Ue alla Salute. Fin dal suo insediamento, nel dicembre 2019, si è proposta quale vero e proprio falco nei confronti dell’agrochimica agraria. Sostenitrice fervente del Green Deal e del Farm to Fork, difende a spada tratta sia gli obiettivi di dimezzamento degli agrofarmaci. Sia l’innalzamento dal sette e mezzo al 25 per cento delle superfici coltivate a biologico. Nemmeno il conflitto russo-ucraino l’ha ammorbidita in tal senso, ritenendo intoccabili i presunti obiettivi di maggiore sostenibilità delle pratiche agricole. Anche a costo di rendere l’Unione sempre più dipendente dall’estero per gli approvvigionamenti alimentari.
Sicurezza agroalimentare a rischio
A nulla sono valse le ricerche di Istituti europei e americani per dimostrare le nefaste conseguenze di tali iniziative sulla sicurezza agroalimentare del Vecchio Continente. Né ci sono state aperture alle biotecnologie, capaci, queste sì, di eliminare un bel po’ di chimica dai campi. Tetragona a qualsiasi ragionamento logico e razionale e forte di convinzioni puramente ideologiche, Stella Kyriakides non solo persevera nel sostenere i vincoli previsti dal nuovo regolamento in un’ottica di usi sostenibili degli agrofarmaci. Ma addirittura rilancia, portando al 62 per cento le riduzioni da affibbiare all’Italia. Con il 54 per cento di riduzione delle sole sostanze considerate “pericolose”, quelle inserite nella cosiddetta “Lista di sostituzione”.
Queste sostanze, una settantina, sono praticamente nel braccio della morte e per revocarle definitivamente si attende solo che arrivi per ciascuna un dignitoso sostituto. Peccato che in mezzo ad esse vi sia anche il rame. Pilastro insieme allo zolfo proprio di quel biologico di cui la Ue vorrebbe triplicarne le superfici ma che senza rame e zolfo poco potrebbe produrre.
Agrofarmaci: la Commissione europea chiede una riduzione del 62 per cento
Nessuna logica, o, meglio, una logica perversa, alla base delle assegnazioni che purtroppo penalizzano l’Italia. Il furore anti-agrofarmaci della Commissione ha basato infatti i suoi criteri guida per l’assegnazione delle riduzioni soprattutto sul rapporto chili per ettaro. Sistema che premia i Paesi che vedono le loro agricolture gravitare molto su prevalenza di pascoli e cereali. Punendo quelli che invece sono caratterizzati da produzioni specialistiche, frutteti, vigneti e ortaggi.
Su un ettaro di vite, per esempio, l’uso degli agrofarmaci è sì 25 volte superiore a quello previsto per il grano e quindi stando ai numeri una riduzione ci potrebbe stare. Esattamente come possono far ipotizzare i 24 chili per ettaro di polisolfuro di calcio usati in una sola applicazione sui meli in pre-fioritura. I numeri però non dicono che in entrambi i casi gli agrofarmaci utilizzati siano gli stessi ammessi dalle produzioni biologiche.
Perché ritenuti coerenti con un’agricoltura sostenibile. Nel caso della vite, per esempio, ben l’80 per cento degli agrofarmaci è composto da zolfo e rame. In ragione rispettivamente del 69 e dell’11 per cento. Dando spazio alle follie della signora Stella Kyriakides e della Commissione da Lei presieduta accadrà che i meleti della Val d’Adige saranno rimpiazzarti da coltivazioni di Farro e grani antichi. Mentre i vigneti delle Langhe, del Prosecco e del Chianti si trasformeranno in colorate distese di pascoli e girasoli.
Agrofarmaci naturali, il business lucroso
Chiaro che ora ci si aspetterebbe dall’Italia una risposta dura. Non solo a livello politico, ma anche da parte delle associazioni di categoria come Coldiretti, Confagricoltura e Cia e delle associazioni frutticole e vitivinicole. Parimenti auspicabile un pugno sul tavolo battuto da Agrofarma. Associazione italiana dei produttori di agrofarmaci, gli stessi cui però, sotto sotto, convengono le esternazioni della Commissione. Non a caso anziché opporvisi hanno assunto atteggiamenti opportunistici.
Andando dietro all’attuale onda pseudo-ecologista e investendo su nuovi e più lucrosi business costituiti dai cosiddetti “agrofarmaci naturali”. Funghi, batteri o insetti quindi, al momento non investiti dal ciclone chemofobico. Alle multinazionali in effetti poco ne cala se gli agricoltori per sostituire gli agrofarmaci messi al bando dovranno affrontare costi più elevati. Sapendo che le nuove misure offrono livelli d’efficacia tutt’altro che da urlo. Anzi, a loro la cosa va benissimo in quanto guadagneranno più di prima.
Più trattamenti = più spese
Si dovranno infatti fare più trattamenti che si tradurranno in più soldi guadagnati pure in maniera più facile. Senza dimenticare che nessuno potrà più portarle in tribunale. Contro le ideologie perverse della signora Kyriakides e dei suoi seguaci giocano peraltro anche le statistiche. Dal 1990 a oggi, stando a Faostat e Istat, l’Italia ha quasi dimezzato l’impiego di agrofarmaci e l’attuale profilo tossicologico medio dei prodotti è molto superiore a quello degli Anni 80. Il 70 per cento delle sostanze attive circolanti all’epoca è stato infatti revocato dalla Revisione europea e quindi quel 62 per cento in meno di rischi per ambiente e salute l’Italia lo ha già in tasca da un pezzo.
Questo però nessuno ha avuto il coraggio e l’autorevolezza di sbatterlo in faccia a Bruxelles. Peggio ancora, dopo alcune flebili proteste di pochi, l’unica proposta scritta è stato un documento francese sostenuto da Italia e altri dieci Stati membri, in cui non si chiede una revisione razionale degli obiettivi, palesemente folli, ma di promuovere la ghigliottina anti-pesticidi anche al di fuori dei confini dell’Unione. In pratica, si vorrebbe che l’Europa imponesse anche ai sani di mente di comportarsi da pazzi. Una proposta che dovrebbe lasciare perplessa proprio Stella Kyriakides che di professione, prima del ruolo politico, faceva la psichiatra.
L’UE chiede una riduzione del 62% degli agrofarmaci: sicurezza agroalimentare a rischio
Autore: Donatello Sandroni